GIULIA BALLERINI – critico e storico dell’arte
ALESSIO SERPETTI, UN CONFRONTO APERTO CON IL PASSATO
Avvicinatosi precocemente all’arte, fin da tenera età, Alessio Serpetti si è dedicato all’immagine femminile con profonda capacità introspettiva. Immagine femminile che, con tutte le sue conseguenti declinazioni, dall’icona della femme fatale alla pura virgo, è lo stesso fulcro attorno a cui si muove il Simbolismo, movimento che ha da sempre affascinato, ispirato e sedotto Serpetti nella sua indagine artistica. Questa mostra nasce quindi come un ideale dialogo tra venti opere del giovane artista romano e venti tra i più grandi artisti simbolisti mitteleuropei, messi a disposizione dalla collezione privata di Emanuele Bardazzi di Firenze, di cui le opere maggiori – è bene ricordarlo – sono state oggetto di due recenti mostre presso il territorio di Sesto Fiorentino, una nel 2014, “Incubi nordici e miti mediterranei. Max Klinger e l’incisione simbolista mitteleuropea” e l’altra “La Vergine e la Femme Fatale. L’eterno femminino nell’immaginario grafico del Simbolismo e dell’Art Nouveau” nel 2017. Profondamente colpito e affascinato dalle mostre citate, nello stesso luogo espositivo approda adesso Alessio Serpetti, come a voler cimentarsi in un confronto aperto con l’opera artistica di un passato che lo ha tanto attratto.
Sfogliando le pagine di questo catalogo, in cui le immagini di Serpetti sono affrontate a quelle dei maestri simbolisti, si ha la netta percezione di come le creazioni del primo abbiano mutato nei concetti e nella forma l’essenza del Simbolismo, trasfigurandolo in una visione artistica contemporanea, molto personale e soggettiva.
L’atmosfera incantata del bianco e nero che tanto caratterizza le opere dei simbolisti (Klinger, Greiner, Kolb, Hermann, ecc.) ritorna in chiave odierna nell’opera di Serpetti ed è il vero fil rouge che lega l’artista al movimento stesso.
Colpisce anche il fatto che a distanza di centocinquant’anni, circa, un giovane artista decida, attraverso la propria ricerca, di usare e sperimentare, con grande abilità, le stesse tecniche artistiche che il Simbolismo riportò in auge: l’acquaforte, l’acquatinta, la puntasecca e che la sua predilezione per la resa monocromatica annulli la presenza del colore, senza far perdere alle opere forza e intensità. In sostanza proprio quella Griffelkunst attreverso la quale Max Klinger e il suo seguito esplorarono i lidi del fantastico, dell’orrido e del meraviglioso che sembravano preclusi all’uso mimetico e realistico del colore.
Altro comune denominatore che si nota in maniera evidente tra le opere così affiancate è l’afflato intimista del segno: sogni, suggestioni, visioni oniriche sono protagonisti delle incisioni. Tutta l’attività grafico-pittorica di Serpetti si dedica in maniera quasi ossessiva verso un simbolismo surreale, onirico ed enigmatico, da cui è nato, alcuni anni fa, il corpus di opere intitolato “L’Arte del Sogno”, di cui dodici opere sono qui in mostra; le altre sette sono tratte dal ciclo “Notturni Arcani”, una da “Vedute di scena”. Dopo aver partecipato a prestigiosi premi e numerose esposizioni a livello nazionale e internazionale, germina oggi questo nuovo progetto, una larga comparazione con il passato che tanto lo ha ispirato. Il tema del sogno rimane e persiste, come recita il titolo della presente mostra, ma affiancato dalle sue radici. Radici che possiamo dire siano ben inveterate e profonde nell’animo di Alessio, assimilate, digerite e reinterpretate per creare nuove fantasie metamorfiche.
Tutte le prestigiose recensioni critiche sull’artista hanno sempre evidenziato che le radici dell’arte di Serpetti, oltre a rivelare una matrice classica, affondano nel Simbolismo storico di fine Ottocento; spesso è stato avvicinato all’artista veneto Alberto Martini (Paolo Levi, 2017), alla rappresentazione dell’incubo di Füssli o alle visioni mistiche di Blake. In questa occasione possiamo proprio vedere fianco a fianco Il Canto della notte , 2017 di Serpetti e Lacrime d’amore, magistrale litografia del maestro del bianco e nero Alberto Martini. Questa mostra finalmente offre la possibilità di vedere da vicino, in maniera concreta e non solo evocativa, la profonda assonanza visiva che persiste tra le fanciulle, a volte apollinee, a volte dionisiache di Serpetti e quelle di Klinger, di Greiner o di Kolb, in cui ritorna lo stesso dualismo di figure femminili angelicate o demoniache. Va detto che il presente corpus di grafiche di Serpetti non è nato appositamente per essere esposto accanto ai grandi maestri, al contrario, è stato composto nel corso degli anni, a dimostrazione di come l’operato dell’artista non agisca mai come mera imitazione, ma piuttosto con un’emulazione che proviene dalla conoscenza profonda dello spirito che muoveva gli animi dei protagonisti del movimento a cavallo tra Otto e Novecento. Notiamo di questo raffronto visivo le stesse affinità compositive, le stesse atmosfere, anche quando le opere, poste accanto, non hanno riferimenti stringenti le une con le altre, ma piuttosto richiami. Sono presenti somiglianze, echi, suggestioni ma anche differenze, segno della personale ricerca di Serpetti: ad esempio, l’elemento della maschera è oggetto ricorrente nelle sue opere, simbolo del doppio, del dualismo esistenziale e del mistero, che risulta in sostanza assente, invece, nelle opere dei grandi maestri del passato qui selezionati. In Alessio, è un probabile retaggio del mondo teatrale, proveniente dai suoi studi di Scenografia con Gaetano Castelli presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma, ma anche la ripresa di un motivo caro allo stesso Alberto Martini.
Angeli caduti, demoni, candele e colonne spezzate, allegorie di un arcano passato, popolano l’universo grafico di Serpetti, le cui creazioni sono caratterizzate da una costante qualità del segno, nitido e preciso, di classica bellezza. Tutto ciò crea un’atmosfera noir, un “surrealismo nero”, un “simbolismo notturno”, come è già stato giustamente notato dalla critica (D. Radini Tedeschi, 2011; Paolo Levi, 2017).
La solenne e misteriosa Isola dei morti di Böcklin incisa da Max Klinger, dove sulla barca che si avvicina alla meta sepolcrale si erge una figura ammantata di un velo bianco, tra le varie ipotesi forse l’anima stessa del defunto, è affiancata all’evocativa composizione L’Anima nascosta della notte, 2016 del nostro artista.
L’atmosfera oscura, convulsa e visionaria delle streghe che escono dal camino per spiccare il volo a cavallo delle loro scope ne La notte di Valpurga, 1897, di Welti, artista nato a Zurigo e amico di Böcklin, dove già si notano i presupposti di quelli che saranno i tratti caratteristici della grafica espressionista, è messa a confronto con quella decadente e magica di Eclissi misterica, 2017, di Serpetti. La druidessa che suona l’arpa celtica nel paesaggio notturno di una saga nordica (Sage) incisa da Schmidt-Helmbrechts è accostata alle tenebre di Oltre gli spazi esistenziali, 2011, mentre i volti dall’espressione distesa e abbandonata ne’ I Segreti dell’anima, 2013 o In attesa della metamorfosi, 2011 si avvicinano alle visioni fantastiche e ai lugubri fantasmi dell’artista svedese Tyra Kleen, la quale ha espresso spesso i complessi meandri dell’anima attraverso le proprie allegorie. Le fluttuanti, raffinate amadriadi, ninfe boschive della mitologia greca (da Hama e Drys, "coesistente con gli alberi") raffigurate in una favolosa foresta da Donnay, eccezionale decoratore belga, riecheggiano invece nelle metamorfiche donne-albero de’ I Custodi dell'arcano regno dei sogni di Serpetti.
L’inquietudine, il mistero, l’angoscia e la distanza, anche, da questo mondo contemporaneo di cui è parte e prodotto l’artista stesso, sono evocati dall’immagine ricorrente degli occhi di una giovane donna, dai lunghi capelli, che guarda diretta verso il piano dell’osservatore; altre volte quegli occhi sono chiusi, come in meditazione, altre ancora da quegli occhi scende una lacrima (Sognando l’eternità, Oltre gli spazi esistenziali, Il Canto della notte). Ogni cosa ruota attorno alla figura della donna, eterna musa ispiratrice degli artisti simbolisti di tutta Europa; citando Baudelaire, proprio in merito alla donna, collocata al primo posto tra i paradisi artificiali, possiamo affermare che il suo eterno femminino è “fatalmente suggestivo”. Tutto crea sospensione, senza narrazione, senza spiegazione; l’arte di Serpetti pone più interrogativi che risposte, come accade nei nostri sogni, di cui non capiamo il vero significato.
(dal Catalogo della Personale Alessio Serpetti e i Maestri del Simbolismo. Il Sogno e le sue Radici; Sesto Fiorentino, 2019)
ELENA GOLLINI - curatrice d’arte e giornalista
La pittura di Alessio Serpetti si presenta come una volontà di recupero anacronistico di visioni le cui fonti provengono da molto lontano, dai manieristi del Cinquecento fino al surrealismo più recente, passando da Klinger, Poussin, Sebastiano Del Piombo, Dürer, Burne-Jones. Tali visioni vengono integrate e arricchite da una serie corposa di allegorie, metafore, simbologie, reinterpretate con vivace spirito d’inventiva, in chiave personalizzata. Ogni scena di derivazione classica serve a Serpetti per rievocare e rappresentare una sorta di scenario teatrale, come se la superficie pittorica fungesse da coreografico palcoscenico. Egli mette in scena uno spettacolo nel quale si impegna a evidenziare la gestualità delle figure riprodotte, gli effetti suggestivi di controluce, gli anfratti fiabeschi e leggendari della narrazione, il mistero intrigante con cui il suo pennello riesce a ritrarre le sembianze femminili in una magica allure ottenendo il massimo risalto d’effetto.
Serpetti spazia nella composizione rivestita di simboli allegorici e misticheggianti con vibrante trepidazione, come un neofita posto dinanzi all’antico rituale dell’immaginazione o un essere mortale, che giunge a contatto con il mondo incantato delle divinità. Si inserisce nei suoi lavori ed estrapola da essi tutto il loro fascino energetico più potente e coinvolgente per condividerlo con il fruitore. Esegue le opere con tecnica impeccabile, degna di un pittore di antica tradizione, con meticolosa e doviziosa raffinatezza nel tratto, con la scrupolosa attenzione di chi vuole rappresentare con lucida esattezza e precisione anche il minimo dettaglio narrativo e dare enfasi formale alle spettacolari immagini visionarie. Nei dipinti riscopre iconografie medievali e rinascimentali, simboli archetipi e miti dimenticati, in una raffigurazione che appare come la riproduzione virtuale di un lungo viaggio notturno, di uno sprofondamento in un mondo sommerso e sotterraneo, dove sopravvivono le creature e le divinità, che popolano e animano la nostra sfera onirica e fantastica.
Nei quadri le figure femminili, spesso protagoniste dello scenario, sono al contempo sensuali, attraenti, enigmatiche, intriganti, inquietanti e sono avvolte da simboli esoterici arcaici appartenenti alla terra e alla notte. Serpetti propone una pittura densa di significati e messaggi subliminali di matrice allegorica innervati da profonde radici storiche, che come una pianta florida e rigogliosa, ma altrettanto delicata e sensibile, ha bisogno di costanti e amorevoli cure per poter emanare al meglio tutto il fulgido splendore. La sublimazione rievocativa avviene mediante gli strumenti consueti della pittura, innanzitutto la materia. La trasmutazione dell’immagine avviene tramite la perdita dei suoi connotati di “frammento e cronaca del reale” pervenendo a una soluzione per certi versi opposta rispetto all’immagine stessa, intesa come mero “documento o oggetto del quotidiano fluire e divenire”. Infatti, le immagini prendono vita e si concretizzano per un sovrapporsi di concause e la dinamica complessità di tale processo trasformativo risulta solo parzialmente rilevabile e rivelabile e resta in parte volutamente celata e secretata. La natura stessa dell’immagine non testimonia soltanto un singolo episodio, ma trova fondamento nella cultura e nella coscienza storica individuale e collettiva.
Per l’autore la crescita e la maturazione di ogni individuo avviene all’interno del fitto tessuto connettivo secolare delle relazioni e rapporti sociali. Si propone di rivelarne i meccanismi e la casualità che li innesca tramite i “luoghi della sua pittura e della sua immaginazione”, concepiti come tangibili tracce testimoniali dell’adesione e dell’appartenenza a una civiltà millenaria, che rimane sempre e comunque presente e attuale anche quando viene collocata all’ombra della modernità.
(dichiarazione scritta in merito all’evento Spoleto Arte incontra Venezia; Venezia 2014)
Le opere di Alessio Serpetti esprimono una valenza misticheggiante e metaforica, un allure allegorica e simbolista di rivelazione e magnificenza, che recano in sé il potere di recuperare e valorizzare la storia arcaica, che affonda le radici d’origine nei millenni e scaturisce da una tradizione culturale allargata e propagata ad ampio raggio. L’artista ha la capacità di evocare una sorta di “archeologia ininterrotta” arricchita dalla visionarietà fantastica e dalla componente onirica, senza però cadere in banali rievocazioni emulative, rigidamente vincolate al passato e troppo distanti dalle questioni del nostro presente a livello linguistico, comunicativo e stilistico. Infatti, riesce a instaurare un dialogo aperto speciale e interattivo con la storia e diventa portavoce della grandiosità straordinaria delle esperienze artistiche, che si sono avvicendate, scandite dal decorso temporale. Utilizza la matrice antica per fare emergere una visione contemporanea illuminante, una rivisitazione impostata in chiave attuale, che si innesca perfettamente nella proiezione odierna, pur mantenendo volutamente una collocazione indipendente, libera e incondizionata, con una reinterpretazione del tutto personalizzata e un’impronta di forte originalità esecutiva.
Il percorso compiuto con sapiente arguzia ideativa si basa su una rigorosa e approfondita ricerca sullo stile e si incentra sulla forma e sul “corpo fisico” della pittura, concepito come fulcro nevralgico imprescindibile di ogni evoluzione sperimentale. Riesce a unire saldamente in sinergico connubio e alchemica fusione la raffinata qualità formale al corposo e articolato nucleo concettuale. Nei dipinti si delinea una suggestiva “geografia interiore della memoria” senza mai perdere di vista la fervida tensione della ricerca con una figurazione costituita da vibrazioni di energica vitalità, pulsioni dinamiche che sembrano riecheggiare nelle tele, provenienti dall’eco delle figure ancestrali riprodotte, che risuonano nel labirinto del tempo che scorre e trascorre incessante. Nella scelta di recuperare e celebrare il passato restando in bilico tra realtà e sogno, reale e irreale, surrealismo e mitologia leggendaria, storia e finzione narrativa. Non utilizza una struttura pittorica caratterizzata da marcati e ribollenti fermenti cromatici, ma bensì propende per una stesura lieve, tendenzialmente monocroma, con un tratteggio segnico di sottile rilievo eseguito con calibrata dovizia e accurata precisione per il dettaglio.
Nella produzione di Serpetti coesistono insieme in equilibrata sintesi compositiva immagini derivanti dai sublimi modelli e capolavori classici con gli elementi immaginari e d’invenzione, generati da un vivace flusso interiore, che aspira ad uscire dal tempo e ad affrancarsi dalla concezione della decorrenza cronologica, per raggiungere il punto preciso di intersezione tra la raffigurazione proposta e la visione personale e collettiva. Vuole tracciare una simbolica “mappatura geofisica” dello spazio introspettivo da condividere con l’osservatore attraverso un’arte, che desidera evidenziare esperienze e prospettive immaginifiche sugli infiniti modi di trasformare e trasfigurare la realtà circostante in qualcosa di assolutamente sorprendente, che proietta al di là dei confini del quotidiano verso mondi lontanissimi, dove tutto può diventare possibile e realizzabile e dove il sogno si trasforma in realtà e viceversa.
(dalla Presentazione della Personale nell’ambito della mostra Evoluzioni Artistiche; Milano 2014)
La vena onirica che attraversa l’arte pittorica di Alessio Serpetti diventa accento di connotazione stilistica peculiare e distintiva, espressione di libertà poetica incondizionata derivante sia dal suo immaginario sia dalla memoria del vissuto esistenziale. Senza mai spingersi all’esasperazione dell’impatto visivo o all’esagerazione metaforica del surrealismo estremo, la pittura di Serpetti si palesa non come schermo per deformare e stravolgere la realtà circostante, ma bensì come prezioso ingrediente fondante e di arricchente plus valore per descriverne l’essenza sostanziale più intrinseca e recondita. Così i soggetti e le figure rievocate sembrano scambiarsi reciprocamente di ruolo e sono collocati in luoghi e contesti dove interno ed esterno interagiscono tra loro in una commistione dimensionale di avvincente mistero, avvolti da eterea luce fiabesca e immersi in una pulsante, suadente e soffusa atmosfera incantata e ovattata. È proprio da qui, che emerge appieno quella speciale allure, quell’accento di magia che ne contraddistingue l’intensità rappresentativa permeante delle opere.
Si ravvisa come, quanto più la materia pittorica compositiva e le figurazioni appaiono raffinate e ricercate nella definizione tecnico-visiva, tanto più la narrazione strutturale d’insieme mantiene intatta una suggestiva sospensione di senso e significato sotteso. Il tema portante primario, che funge da filo conduttore, è una verità posta in bilico tra realtà e sogno, che si manifesta allo spettatore come una sorta di scenario teatrale emblematico e simbolico dove carpire messaggi, metafore e simbologie. Si evidenziano profondi richiami e riferimenti a codici semantici e semiologici sospesi tra l’onirico pulsante e vibrante di matrice freudiana e la psicoanalisi d’ispirazione junghiana, con simbolismi analogici che diventano allegorie subliminali per esternare concetti ed emozioni della sfera psichica e inserirli all’interno di ambientazioni di colta eleganza, dove la pittura e il disegno si riappropriano del loro significato fondamentale e riconquistano tutto lo spazio originario e l’importante valenza narrante, come protagonisti assoluti e indiscussi dell’intera composizione.
I dipinti sono accesi e animati da elementi esistenziali di contorno, che li pervadono e ne integrano lo spessore comunicativo. Serpetti guarda al grande “circo” della realtà con occhi curiosi, stupiti e, al contempo, ammaliati e riflette su quanto di invisibile è rimasto ancora non svelato nelle articolate e complesse pieghe della vita, indagando nelle profondità interiori e dipingendo, mescolando progettualità ideativa e moto dell’anima per delineare pensieri della memoria dal sapore evocativo, nell’intimo coinvolgimento della visionarietà surreale di toccante essenzialità introspettiva.
(dal Catalogo della mostra Riflessioni Contemporanee; Asolo 2015)
«Dire che viviamo in un mondo di simboli è dire poco: in realtà, è un mondo di simboli a vivere in noi» diceva Jean Chevalier. Si può dire, che tutta l’arte visiva sia un fenomeno simbolico, se essa unisce due significati lontani o meglio sintonizza su un significato comune due individui distinti, l’artista e lo spettatore, che comunicano empaticamente al medium rappresentato dall’opera e dai suoi intrinseci significati simbolici, per cui un segno, una forma, un oggetto, una figura, un’immagine possono fare riferimento a una realtà, che non viene raccontata o svelata esplicitamente, ma viene resa comprensibile alla nostra capacità percettiva superando i normali processi razionali. Come dichiarava Freud: «Il simbolo è un’eredità filogenetica, grazie alla quale l’uomo ha una disposizione mentale, che lo mette in grado di relazionare le pulsioni e le emozioni psichiche con gli oggetti». Si può dire, che l’arte è un campo nel quale queste capacità relazionali vengono utilizzate costantemente. Il simbolo è l’antitesi del pensiero logico-razionale-concettuale, è la dimensione dell’inconscio, è la libera ed arbitraria rappresentazione di una realtà, di una certa evocazione visionaria tramite un “segno” che non ha con esse alcuna necessaria relazione. Del filo conduttore d’impronta simbolista e di questo filone di pensiero si rende portavoce la pittura di Alessio Serpetti.
L’illusione del reale si traduce in un gioco sottile e ardito, che talvolta smarrisce chi ne prende parte, accettando di mettersi in gioco, ma anche chi le regole le fa. Serpetti conosce molto bene i meccanismi d’ingranaggio e i principi di tale azione chiamata “vita” e dedica la sua sensibilità e la sua ricerca artistica all’indagine delle infinite trame, in cui si intreccia e si snoda “l’arazzo umano”. Il suo viaggio visionario tra realtà, sogno e fantasia irreale e surreale evidenzia una commistione di simbolismi di matrice mistica, esoterica e trascendentale, che sollecitano una profonda riflessione intimista da parte dell’osservatore. I soggetti e le raffigurazioni, inseriti in una dimensione di magica e incantata suggestione, sottendono quel comparto di emozioni, sentimenti, sensazioni, passioni, paure, ansie, che l’uomo prova nell’arco della sua esistenza e si riflettono nelle intense rievocazioni proposte nei dipinti. Osservando le immagini ritratte, lo sguardo viene da subito attratto e rapito dalla forza ammaliatrice e magnetica sprigionata dall’intreccio narrativo, che si traduce nell’inesauribile desiderio recondito e ancestrale di comunicare schegge e frammenti di vita e di vissuto. Il viaggio iniziatico a cui Serpetti vuole indirizzarci acquista una sua fisionomia distintiva e peculiare e sembra quasi esortare ad addentrarsi in una sconosciuta e misteriosa “terra di mezzo” dove guardando con gli occhi del cuore e dell’anima si può davvero vedere e comprendere oltre ogni limite, anche ciò che non è immediatamente visibile e decifrabile.
Il pensiero artistico di Serpetti si rispecchia nelle parole di San Paolo, tratte dalla Bibbia nella prima lettera ai Corinzi «Ora vediamo come in uno specchio in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto». Come in uno specchio riflesso i dipinti ci esortano a esternare le nostre emozioni, a manifestarle senza freni, filtri e inibizioni, a esprimere in modo libero e incondizionato i sentimenti, senza reprimere i propri stati d’animo. Con la sua pittura Serpetti insegue e intercetta l’occhio dell’osservatore per fondere in commistione armoniosa un riverbero fisico ed emozionale, tale da generare una formula identificativa tra opera e fruitore. L’energia simbolica è compagna di viaggio di Serpetti, lo assiste, ne irradia ogni espressione. Dalle tele si propaga in espansione energia dinamica e luminosa, che viene restituita sotto forma di meditazione vitale.
Il supporto pittorico perde l’originaria identità di oggetto, per assumere quella di soggetto. Non più solo materia, ma soffio vitale, che si insinua e che l’artista, con estrema sensibilità tecnica e impeto emozionale, lascia affiorare come essenza sostanziale libera e permeante.
(dal Catalogo della mostra Contemporary Art Expo; Possagno 2015)
PAOLO LEVI - critico e storico dell’arte
Alessio Serpetti è maestro dell’incisione. Le sue radici culturali sono collocabili a buon diritto nel simbolismo storico italiano, il cui punto di riferimento è Alberto Martini. I suoi lavori rispecchiano la manualità di un’anima antica. I segni sono guidati da una mano estremamente talentuosa, dove nulla è lasciato al caso. I contenuti sono spesso ombrosi, allusivi, dove l’enigma si rivela solo tramite le titolazioni che lo stesso artista vi appone. Serpetti porta l’osservatore colto a rammaricarsi dell’odierna rarità di un percorso ispirativo ed esecutivo che molto ha dato alla cultura grafica italiana ed europea. Un percorso magistrale che, cinque secoli fa, ha iniziato per primo Albrecht Dürer.
(dalla Presentazione per “La Gioia dell’Opera su carta”; San Giorgio Arte Editore, 2019)
La ricerca pittorica attuata da Alessio Serpetti approda alla conquista di un linguaggio espressivo caratterizzato da un alfabeto figurativo di forte connotazione personale, sospeso tra reminiscenze del reale, simbolismo surreale e proiezioni oniriche. Nei suoi lavori sono presenti soggetti mediati da un verosimile quotidiano, per poi proiettarsi in dimensioni sospese sulle coordinate dell’immaginazione, mondi fantastici dove trovano spazio accenni di pittura surreale e metafisica. Vero protagonista delle opere, al di là delle scelte formali, è l’acume dell’artista, che rielabora, con inedita ricchezza, sentimenti e inquietudini, sogni e desideri, pagine letterarie esemplari, e quindi figure dell’immaginario collettivo cariche della forza propria dell’archetipo. La sua passione per la scenografia gli permette di costruire scenari misterici che offrono all’osservatore diversi livelli di lettura, attingendo a quell’immaginario collettivo sospeso in una dimensione atemporale, propria dell’anima contingente e allo stesso tempo trascendentale.
Ritroviamo in Serpetti componenti romantiche rivisitate in chiave moderna e apollinea: laddove infatti l’onirismo di Heinrich Füssli attinge a un repertorio classico e mitologico ricco di pathos, di gesti violenti e atmosfere magiche, le visioni di Serpetti esprimono una malinconia e un coinvolgimento personale. Universi misterici ed esoterici traducono quanto si cela nel suo animo: visioni sospese tra sogno e incubo, dense di emozioni e simboli colti e riconoscibili che intessono un profondo dialogo tra artista e osservatore.
Serpetti esprime con la sua arte un evidente amore per il disegno e per le diverse tecniche pittoriche, che è certo la base su cui esercita il suo estro pittorico, ripercorrendone i tratti preparatori, e sovrapponendovi nuovi segni, reinventando quindi il costrutto man mano che cresce sotto le sue mani. Talvolta da questi lavori emerge una sensazione di inquietudine, poiché Serpetti appare in grado di scavare in profondità non solo nel sogno, ma anche nell’incubo. Egli non perde quindi il contatto con la complessità e i contrasti che abitano l’animo umano, ma li affronta confrontandosi e mettendo in gioco il suo stesso inconscio.
Sono lavori che consentono all’osservatore di confrontarsi con le immagini dei suoi stessi sogni, o quanto meno di ritrovarne l’eco, accogliendo le proposte dell’artista in una sorta di catarsi liberatoria. L’accuratezza della pittura è qui particolarmente evidente nei particolari, nei volti espressivi, nei gesti delle mani, negli sguardi, dove nulla è lasciato al caso. L’artista riesce quindi a trasmettere il senso epico di eventi che fanno parte dell’inconscio collettivo, tramite la simbologia dell’archetipo, attualizzandoli in chiave emotiva e poetica.
(da 1ª Scelta; EA Editore, 2018)
Il mondo pittorico di Alessio Serpetti è popolato di simboli allegorici che comunicano assenza e trascendenza, esprimendo l’ansia dell’uomo che continua a interrogarsi sull’inquietante silenzio che circonda il mistero del vivere. Serpetti descrive i suoi soggetti con realismo, con minuziosa attenzione per la definizione dei tratti, modulando con maestria i contrasti chiaroscurali, privilegiando i toni cupi che aumentano il senso di mistero.
Sembra quasi di guardare alla rappresentazione grafica dei vizi e delle virtù del mondo quando si osservano le sue opere; sembra di guardare a delle tavole che narrano attraverso le immagini, fantasiose e controverse gesta che prendono vita in ambientazioni suggestive. L’intensità del suo gesto pittorico risiede nella forte passione che lo muove, in quell’amore che spinge verso una nuova direzione creativa che consideri la rappresentazione immaginifica di altri mondi, di universi lontani o che forse nemmeno esistono, se non nella mente del maestro. Questa commistione tra surreale ed onirico crea una miscela pittorica esplosiva, capace di suscitare grandi emozioni attraverso un’insolita spettacolarità delle ambientazioni e dei soggetti. Imponenti, quasi epiche le sue pitture rivelano un talento profondo non soltanto nelle capacità di comunicazione e di instaurare un rapporto col pubblico, ma un grande talento anche dal punto di vista tecnico ed esecutivo come dimostrano le innumerevoli sfumature che si avvolgono l’un l’altra e come dimostrano quei virtuosismi tecnici che solo un artista dotato può riuscire a creare dandogli comunque una parvenza spontanea e mai patinata e formale. Un maestro libero da stilemi estetici e dettami stilistici, che si rende regista del suo stesso film pittorico.
(dal Catalogo della mostra Premio Internazionale Novecento; Bagheria 2017)
ALESSIO SERPETTI. LE RADICI: ALBERTO MARTINI
Il percorso che ci porta dalla pittura preromantica visionaria fino al contemporaneo indagando gli aspetti più reconditi e misteriosi dell’animo umano, attraversa l’opera di Füssli (rappresentazione dell’incubo), Blake (visioni mistiche), Moreau (simbolismo spirituale), Martini (pre-surrealismo esoterico) sino ad arrivare ad Alessio Serpetti (onirismo apollineo). Un percorso che vuol fuggire dalla realtà ricercando, attraverso il sogno, un bisogno di spiritualità che conduca al “Paradiso perduto”. Da Füssli a Martini si delinea una struttura “circolare”, pervasa di suggestioni letterarie ma al contempo circoscritta nel “tempo della Storia”, che partendo dalla connotazione onirica di contenuto inquietante giunge, attraverso la spiritualità visionaria di Blake e quella decadente di Moreau, al sentimento del macabro in Martini, profeta del demonismo nazista. […] Al di fuori del “tempo della Storia” si colloca Serpetti, il cui poetico messaggio onirico non s’aggancia alla realtà; anzi, il suo sofisticato e soffice bianco/nero, usato in modo raffinato per conferire alle figure femminili un costrutto plastico a tuttotondo, si pone in contrasto con l’epoca in cui è costretto a vivere, tanto da far sospettare che operi con intento di scherno verso la propria contemporaneità.
(da Effetto Arte - aprile/giugno 2017; EA Editore)
Le opere di Serpetti integrano al mondo dell’arte contemporanea un intrinseco valore aggiunto, mostrando come la matrice classica e tradizionale del suo stile, fosse quello che spesso manca. Si tratta di composizioni quanto mai suggestive che affondano le loro radici nel Simbolismo storico del primo Novecento. Nell’arte di Serpetti, che si accosta a quella del maestro veneto Alberto Martini, l’inquietudine si coniuga con una sottile ironia e il mistero diventa quella chiave da girare al fine di spalancare il portone dell’interpretazione segnica più corretta.
(da Museo Levi. Artisti da Museo; EA Editore, 2017)
L’opera di Alessio Serpetti trasporta l’osservatore in atmosfere lontane e sospese, intrise di suggestioni esotiche e oniriche, che danno voce a presenze del sovrannaturale. Vedute paesaggistiche e architettoniche, o ancora interni misteriosi fanno da sfondo alle opere di questo artista, diventando vere e proprie scenografie, capaci di accogliere presenze evanescenti e leggere proprio come i protagonisti di un sogno.
Serpetti ha sicuramente ricevuto il dono del talento per quello che riguarda l’abilità nella composizione grafica e nella gestione della luce, declinata con lirica intuizione in chiaroscuri e contrappunti ricchi di tensione emotiva. Il suo segno sottile ed essenziale ben si adatta all’utilizzo di matite, carboncino, grafite, pastelli e inchiostro di china, ricordando in questa scelta tecnica la perizia dei ritrattisti di fine Ottocento e dell’inizio del secolo scorso.
Nel suo lavoro il ricorso al colore è minimo, prevale piuttosto un elegante uso della monocromia, che lascia al segno il compito di svolgere una pregnante funzione narrativa. I contorni si fanno lievi, dando vita ad ambientazioni tratteggiate con minuzia e alla declinazione di figure femminili di sconcertante bellezza.
Serpetti introduce nei suoi lavori anche elementi dal forte significato simbolico, che arricchiscono il dipinto di risvolti spirituali ed enigmatici, andando a lambire la sfera dell’esoterico. La ricchezza e la complessità di queste opere dà luogo al loro lento svelarsi agli occhi dell’osservatore, che deve necessariamente passare prima da un approccio intuitivo, per approdare poi a una lettura più riflessiva e partecipata. Sono narrazioni dense di citazioni, che rivelano una cultura visiva ampia e profonda, e comunicano suggestioni arcane, tuttavia aperte sempre a nuove interpretazioni.
(da Creazioni; Centro Diffusione Arte Editore, 2011)
La sua opera riflette un mondo poetico dai messaggi misteriosi. La maschera per questo artista non è nascondimento, ma la realtà inquieta di un invisibile altro.
(dal Catalogo dell’Arte Moderna n. 46; Editoriale Giorgio Mondadori, 2010)
L’essenzialità del tratto grafico, caratteristica stilistica predominante, assume quasi il carattere di una firma nelle composizioni di Alessio Serpetti, artista romano la cui personale ricerca giunge a elaborare un modello insolito di pittura, sia dal punto di vista formale che contenutistico. Davanti a queste raffigurazioni, l’osservatore percepisce il percorso interiore dell’artista, interpretando ogni particolare della sua opera alla luce di una paziente e lunga elaborazione artistica. Si tratta certamente di una pittura discreta, condizionata da un segno sottile, raffinato e immediato. Il tratto espressivo delinea figure trasognate e fantastiche, lievi nei loro contorni, che sembrano appartenere a un altro mondo, tuttavia riconoscibile nei suoi elementi naturali. Immagini impalpabili diventano le protagoniste di una delicata poetica visiva coniugando soprattutto un linguaggio segnico che, escludendo il colore, crea l’effetto di opere che si susseguono come le pagine di un libro, collegate le une alle altre da un tracciato che permette al reale di intersecare l’irreale senza sacrificare l’equilibrio formale. Vedute naturalistiche e architettoniche di impianto scenografico rigorosamente preordinato fanno da sfondo a situazioni in cui si muovono figure rivelate dalla luce, soggetti che nascondono e svelano significati, lasciando aperta l’interpretazione di chi guarda. Questa pittura supera quindi la semplice descrittività, inserendosi in un contesto simbolico che richiama un ambito spirituale complesso, il cui valore concettuale viene dapprima intuito e poi approfondito. Ciò che colpisce soprattutto è l’intuizione lirica, che non necessita di pigmento per manifestarsi in tutta la propria evidenza, delineando momenti di profonda suggestione.
(da Tra le file dell’Arcaismo; Editoriale Giorgio Mondadori, 2010)
Alessio Serpetti con i suoi lavori smentisce la teoria che il disegno sia il parente povero del dipinto. Certamente molte volte il disegno è l’anticamera di una composizione ad olio, ma quando il discorso, come nel caso del nostro Serpetti, è chiuso e concluso, allora non è più il disegno che ammicca al dipinto, ma diventa già un’opera di pittura. Dunque, Serpetti con il suo bianco e con il suo nero fa pittura. Non solo, il bianco e nero a volte è più suggestivo del colore perché più intimista, e questi suoi lavori sono intimistici. Lo sono nella dimensione: se fossero poesia, li chiameremmo sonetti. E son profondamente suggestivi.
In lui non c’è assolutamente avanguardia. C’è al contrario la tradizione, e la sua è una tradizione squisitamente legata alla scenografia perché questo artista viene dalla scenografia. E in queste composizioni, poiché non abbiamo lo svolgimento teatrale ma soltanto l’apparato scenografico, ci consegna un mondo metafisico, distaccato, oggettivo: le sue sono narrazioni senza figure umane, sono micro-storie in cui abbiamo la riflessione di un’artista che fa musica da camera per ascoltatori ottici che meditano segno dopo segno.
Se Benedetto Croce, parlando di D’Annunzio, diceva che è «un inventore di emozioni», il nostro Serpetti è invece un creatore di emozioni, di intuizioni, che porta ad una sintesi totale: in questa sintesi c’è la preziosità di un giovane Maestro.
(dal discorso di Presentazione della Personale nell’ambito de Il Teorema dell’Arte; Tarquinia, 2010)
ISABELLA CAIROLI - critico d’arte e giornalista
ALESSIO SERPETTI. LA VERA DIMENSIONE DELL’ARTE E’ IL SOGNO (Odilon Redon)
Il sogno: quanto accade in noi nel momento in cui dallo stato di veglia ci lasciamo andare a un diverso stato di coscienza, è oggetto di studi da poco più di un centinaio d’anni. Capostipite della psicanalisi, Sigmund Freud, aprirà un varco a numerosi seguaci che lo adoreranno – o lo discuteranno – per molti decenni ancora, sino ad oggi. Sebbene alcuni dei suoi assunti siano entrati a far parte del linguaggio comune, siamo ancora lontani dal prendere pienamente coscienza – nella psicanalisi così nell’arte – della portata e importanza della vita notturna e delle sue immagini anche per quanto definiamo “stato di veglia”, in cui nutriamo solo l’illusione di governare completamente la nostra persona.
A riprova del fatto che le intuizioni dell’animo umano possano spesso anticipare studi più sistematici, possiamo senz’altro dire che l’arte ha iniziato il suo percorso di esplorazione del sogno, invece, molto tempo prima di Freud, trovando poi nel Simbolismo l’esplosione celebrativa di questa tensione presente da molto tempo prima. Heinrich Füssli scriveva, già verso la fine del diciottesimo secolo: «La regione più inesplorata dell’arte è il sogno».
Le opere di Alessio Serpetti trovano una collocazione in questa dimensione del tempo: notturna, onirica, misteriosa. La chiave per leggerne i messaggi si può ritrovare nella conoscenza di quanto espresso dalla tradizione simbolista, di cui si propone continuatore: immagini femminili in atteggiamento misterioso, sguardi inquietanti, situazioni dove tutto è lasciato in sospeso, privo di margini concessi a un’esplicita rivelazione.
La sua passione per la scenografia gli permette di costruire e inserire i protagonisti delle singole opere in sfondi fortemente connotati dalle stesse caratteristiche di sospensione atemporale.
In queste rappresentazioni tornano alla memoria i demoni di Omero, di Shakespeare, Milton, gli spiriti della natura e le forze arcane elementari che si giostrano in lotte tra opposti: Alessio Serpetti guarda sia al mondo angelico, che a quello demoniaco. Elementi fortemente costitutivi di una ricerca legata alla sfera della spiritualità e dei suoi archetipi: angeliche fanciulle ritratte schiena contro schiena, sono misticamente rivolte a uno spazio infinito, richiamando una invocazione di eternità. L’utilizzo prevalente della monocromia esalta la sensazione di trovarsi in un luogo spiritualmente distaccato dalle immagini di cui è costituita l’evidenza policroma della vita di veglia. In questo contesto stilistico si esprime la sua particolare ricerca legata al segno.
Ritroviamo invece una tensione più turbata dalla presenza di forze oscure nelle opere in cui si assiste con più evidenza a una “messa in scena” mascherata, a un giochi delle parti: mancati svelamenti in cui gli occhi nel quadro – specchio dell’anima notturna – non sono proposti come sinonimo di chiarezza, bensì di mistero e oscurità, con chiaro riferimento alla sfera dell’inconscio e alle sue travestite rivelazioni.
Secondo Paolo Levi, il rapporto tra Serpetti e un artista come Heinrich Füssli che, come lui, esplorò i mondi onirici «si precisa nel rapporto ben diverso tra loro nell’affrontare l’inferno dell’anima. Quelle di Füssli hanno radici sotterranee e telluriche, anticipano l’Espressionismo dionisiaco tedesco del primo Novecento. Quelle, invece, di Alessio Serpetti sono sotterranee, ma esprimono una soavità apollinea, in un contesto di meditata ombreggiatura pittorica. Da questa sua malinconia sensuale scaturiscono le sue fanciulle in fiore».
Ritroviamo in Serpetti una componente espressiva romantica, messaggi enigmatici che si rivelano in una simbolica doppiezza mascherata, spesso espressa da immagini femminili. La donna e le sue curve, madre e seduttrice, portatrice di vita feconda così come di turbamenti e sottrazioni angosciose. Protettrice e traditrice: chi potrà dire quale delle due? Potrei restare vittima della sua bellezza. Quella del sentimento ingannevole, fragile come un ramo di spine di rosa. Tramite l’armonioso sfumato, la sua mano riesce a far convivere il verosimile con le immagini prodotte dalla nostra psiche. Nei giochi di sfumature tra luce e ombra, l’artista si fa messaggero di spiritualità sotto la veste visionaria dei suoi fantasmi notturni, che si dissolvono ai primi bagliori dell’alba, riprendendo la rassicurante forma di figure angeliche. Il segno prevale sul colore, costruendo in autonomia un insieme alchemico di tonalità e contrappunti a definizione dei suoi protagonisti e loro scenari. In molte delle sue ricerche si avverte il fascino provato verso il Rinascimento e lo studio in chiave classica del corpo femminile, rappresentazione di bellezza e vita. A volte, le fanciulle sono ritratte con animo sofferente: come se non toccasse solo alla natura maschile la fatica di separare il desiderio dell’anima femminile dalle sue contraddizioni. Sincerità e doppiezza, portatrici di carichi emotivi che gravano sia sull’uomo che sulla donna, si manifestano nelle sue opere attraverso l’immagine della maschera. Abbiamo l’impressione di essere invitati a prendere parte a cerimoniali esoterici, lasciandoci prendere per mano da dolci creature dalla plastica staticità, morbide e ariose nei chiaroscuri che ne denotano le forme e gli atteggiamenti.
(da Effetto Arte - aprile/giugno 2017; EA Editore)
DANIELE RADINI TEDESCHI - critico, storico e filosofo dell’arte
Il tema della rovina come simbolo della decadenza è al centro dell’opera Contemplazione di Alessio Serpetti; il quale, ausiliato dal gusto monocromo di grisaglia, acuisce il fatto narrativo puro, esacerbando e decorticando il ton sur ton che altrimenti distrarrebbe dalla scena. Il volto della donna è in dialogo materico con la statua; carne e marmo, realtà e artifizio, vero e maschera (immagini ricorrenti nella sua poetica) comunicano all’ombra di una devastata memoria, testimoniata dalle arcate divelte, dai ruderi, dal silenzio della storia.
(da L’Esausta Clessidra; Ed. Rosa dei Venti, 2011)
Il valore allegorico di cui sono pregne le sue opere è ottenuto grazie alla commistione di elementi teatrali (maschere) e onirici (allusivi al sonno della ragione) creando così un surrealismo nero. Le figure femminili, delineate con tratto delicato e leggero, sono ricorrenti e utili a disvelare il senso nascosto della trama. Le maschere riflettono un mondo artificioso e distorto, avverso all’esistente, mentre candele accese e calici alludono a significati liturgici.
(da Manent - Libro d’oro dell’arte Contemporanea; Ed. Rosa dei Venti, 2011)
SIMBOLOGIA E MISTERO NELLE OPERE DI ALESSIO SERPETTI
Il pittore Alessio Serpetti si ispira a quella tradizione simbolista che portava i più alti rappresentanti a cristallizzare su tela una realtà più intima fatta di sogno e rimembranza. Temi espressi da Serpetti con oggetti, metafore, simboli arcani. […] Nelle sue mostre pittoriche spiccano quadri come Il Silenzio dell’anima, che allude a significati liturgici, mostrando maschere, candele e un calice, segni di dedizione a Dio. Il tema della rovina è invece al centro dell’opera Contemplazione: il volto della donna è in dialogo con la statua, vero e maschera comunicano all’ombra di una decadenza, testimoniata dalle arcate divelte, dai ruderi, dal silenzio della storia.
(da For Roma Magazine - gennaio 2012; Fleming Press Editore)
Artista romano si distingue per un’attenta ricerca grafico-figurativa, vigorosamente ancorata al vero ma al contempo ricca di significati simbolici che applica principalmente sull’immagine femminile. Nel lavoro I Segreti dell’anima, determinante è la ricerca grafica da lui condotta che si dirige verso un surrealismo denso di elementi mistici e spirituali. La donna, realizzata con tratto delicato ed elegante, contiene un’allegoria onirica, guidandoci all’interno di un sogno teso alla scoperta dell’inconscio, dei segreti e dei desideri più intimi. Dalla figura trasognata e fantastica emerge un mondo interiore diviso dalle ombre più scure, rappresentate sulla destra dalle tenebre e sulla sinistra dal desiderio di serenità e di armonia ravvisabile dalla rappresentazione di un paesaggio. Sul lato destro appare l’impugnatura di uno strumento musicale, forse un violoncello, atto a significare nelle composizioni pittoriche la vanitas e l’harmonia mundi.
(da Festival delle Belle Arti e della Cultura del XXI secolo; Ed. Rosa dei Venti, 2013)
ALBERTO D’ATANASIO – docente accademico e storico dell’arte
Nelle composizioni di Alessio Serpetti le cromie, i giochi di luce, le combinazioni, le declinazioni tonali e gli effetti chiaroscurali offrono allo spettatore una visione che arricchisce sensi e percezione del reale.
Nel guardare l’opera di Serpetti, l’osservatore si sente infatti sospeso tra il vedere e il sentire, ed in tutto ciò concorrono e interagiscono continue suggestioni emotive. Le immagini riprodotte nelle opere di Serpetti sembrano essere dotate di anima e vita propria, generando vibrante dinamismo; ciò innesca un “meccanismo” narrativo che unisce la forza della tradizione passata, richiamando l’eco del mito e della storia, all’energia propulsiva del presente, attraverso una rivisitazione personalizzata sempre attuale.
Per Serpetti, il visibile e il non visibile coesistono poiché, ciò che l’occhio non riesce a vedere, viene recepito da fantasia e immaginazione, proiettandosi “nell’oltre”.
(dal Catalogo della mostra Spoleto Arte incontra Venezia; Venezia 2015)
ROBERTA FILIPPI - giornalista e critico d'arte
Suggestioni del passato, una costruzione scenografica e teatrale dello spazio, un surrealismo enigmatico ed allegorico, atmosfere notturne, ambientazioni oniriche, l’uso costante del colore-non colore come espressione di un intimismo lirico e poetico. Sono gli aspetti che immediatamente risaltano nella produzione di Alessio Serpetti, e che offrono all’osservatore attento molteplici spunti di riflessione sulla complessità e l’ambiguità dell’essere umano.
Appassionato di disegno sin da piccolo, Alessio Serpetti inizia prestissimo a studiare tecniche grafiche e pittoriche: studio, ricerca, ma soprattutto il desiderio di conoscere ed approfondire aspetti insoliti e affascinanti dell’Arte caratterizza la preparazione di questo artista che riuscirà a crearsi una poetica figurativa decisamente personale.
Realtà e simbolismo, teatralità e scenograficità nell’impostazione strutturale dell’immagine, surrealismo, suggestioni fantastiche, un contrasto evidente di luci ed ombre, ma anche la scelta di esprimersi attraverso la tecnica monocroma del carboncino e la predilezione per fondi dorati come vuole la tradizione bizantina del mosaico indirizza l’artista verso un’analisi introspettiva per raccontare, con una gestualità e un’espressività legata al passato, sensazioni ed emozioni del nostro tempo. La pittura del Seicento, è senza dubbio la principale fonte di ispirazione per Alessio Serpetti; dai notturni caravaggeschi a Rembrandt, dalle nature morte olandesi alle suggestioni fantastico-visionarie di Bosch e Fussli, dai Preraffaelliti inglesi alla teatralità di Tintoretto e Tiepolo. L’artificiosità domina nei sui lavori. Figure imponenti e maestose, ma con un fare elegante e malinconico, si muovono in ambientazioni spettacolari ed illusorie; gli elementi naturalistici risultano trasfigurati ed alterati nelle proporzioni per accentuarne il significato simbolico. Inganni ottici, artifici, dualità e metamorfosi che l’artista ripropone con l’espediente del doppio (realtà e maschera), moltiplicano gli effetti emozionali dell’opera.
Il tratto grafico è essenziale ma al tempo stesso raffinato; disegna paesaggi incantati, figure trasognate, visioni fantastiche e suggestive proiettate in una dimensione eterna e senza tempo. Il gioco di luci ed ombre è accentuato dal colore-non colore del bianco e nero. Un unico tono impreziosito dal fondo dorato che confonde in un caldo abbraccio cromatico, intimistico e poetico, verismo e surrealismo.
La ricchezza e la complessità di queste opere, quel loro carattere quasi mistico, l’effetto “sorpresa”, l’aspetto immaginifico di ogni composizione consente all’artista di rendere comprensibile ciò che di incomprensibile percepisce la nostra psiche, il nostro inconscio: l’emotività che caratterizza il nostro essere.
(dalla Presentazione per Affordable Art Point - Linea Arte di Orler, 2015)
GIORGIO DI GENOVA - critico e storico dell’arte
Per esprimere Il Silenzio dell’anima Alessio Serpetti modula le linee per costruire, attraverso un accurato disegno, una scena con immagini calate nella penombra, appena rischiarata da una candela, che anziché dissolverlo aumenta il mistero di questo simbolismo visionario, forse riecheggiante memorie di Alberto Martini.
(dal Catalogo del 42° Premio Sulmona; Sulmona 2015)
Tra gli artisti di temperamento grafico va senz’altro annoverato il romano Alessio Serpetti, il quale si affida alla grafite per creare con accurata precisione disegnativa le sue visioni tra classico ed allegorico.
(da Percorsi d’Arte in Italia 2015; Rubbettino, 2015)
Riguardo il disegno, che alla fine del Trecento Cennino Cennini nel suo Trattato della Pittura definiva “fondamento dell’arte”, Alessio Serpetti combina, in certa misura, tradizione e innovazione disegnando su cartone oro con grafite e carboncino I Custodi dell’arcano regno dei sogni. E’ un visionario Serpetti, il quale circonda la scapigliata donna di tronchi, formati da serrate fronde, contenenti affioramenti di nudi femminili e terminanti, secondo l’illogicità dei sogni, in cime di pilastri sulle cui sommità si elevano una fiamma ed un serpente, a mo’ di controcanto dei frastagliati filamenti del cielo con lo spicchio di luna.
(dal Catalogo della mostra Periscopio sull’Arte in Italia; Corigliano Calabro 2016)
Si giunge al disegno definito con Alessio Serpetti, il quale tuttavia non usa qui grafite e carboncino, tecnica da lui prediletta, bensì vira su acquaforte e puntasecca per il suo Echi di armonie perdute, con cui ci dona un’ulteriore fantasia metamorfica, ovvero condensato di elementi vegetali, di scultura e di figura, non privo di contaminazioni, quali il volto con crepe, quasi fosse divenuto di marmo per contaminazione della vicina colonna corinzia, e la grottesca umanizzazione della base del tronco dell’albero su cui precipita Icaro.
(dal Catalogo della mostra GenerAzioni a Confronto - 2°a edizione; Grottaferrata 2017)
Nella sua acquaforte e acquatinta Eclissi misterica Alessio Serpetti fissa l’attimo in cui il satellite terrestre viene oscurato per tre quarti e che, nonostante l’eclissi, illumina i ruderi della scena sottostante dove due nudi femminili, stregati dalla luna e pertanto verso di essa rivolti, sorgono in posizioni da baccanti come partoriti da tronchi. Il mistero è tutto nei trapassi dell’illuminazione dei corpi e dei ruderi sul buio fondo del firmamento.
(dal Catalogo della mostra StregArti. Premio Arco di Traiano; Benevento 2018)
ALDO MARIA PERO - storico dell’arte (già Docente dell’Università di Berkeley)
Il romano Alessio Serpetti rappresenta una figura singolare di artista, estraneo alle mode ed intento ad una personale riflessione sull’arte. Siamo di fronte ad una personalità che tende ad acquisire nel profondo il significato dell’essere dell’uomo sulla terra, delle sue prospettive di fede, di timore e di speranze sintetizzandole, almeno per quanto possibile, in una meditazione solipsistica ma non egocentrica in quanto le conclusioni cui giunge su se stesso offre poi a chi voglia interessarsi al suo lavoro. Le sue sono opere da acquistare per la raffinatezza tecnica e la densità dei contenuti, ma non sono state create per destinarle al mercato. Sono in realtà una testimonianza: Serpetti “vixit et pinxit”. In altri termini dovrebbero essere raccolte in una Fondazione, che testimoni nel tempo la natura e la personalità dell’uomo che ha dato loro vita.
È di moda oggi citare in ogni occasione, tradendone peraltro le intenzioni, la frase del principe Miskin: «La bellezza salverà il mondo». Come dice il titolo del romanzo di Dostoievskij, il protagonista era un “Idiota”, ma non tanto da credere ad un’affermazione del genere, interpretata, invece, correttamente da Serpetti: da amante della bellezza, cui non attribuisce doti di salvatrice del mondo, esorta a considerarla un “solacium vitae” a titolo squisitamente personale.
(dalla Presentazione dell’Artista; “Movimento dell’Arte del XXI secolo”, 2015)
Il Crepuscolo della ragione di Alessio Serpetti costituisce uno straordinario brano di virtuosismo tecnico e di complessità simbolica, un lavoro di fantasia gotica e di grande sagacia espressiva, in cui confluiscono l’opulenza rinascimentale della splendida figura distesa con un viaggio nel noir ottocentesco.
Una notevole curiosità intellettuale rivolta non solo alla pittura ma anche alla letteratura e alla speculazione su temi storici e psicologici ha garantito ad Alessio Serpetti, dalla prima metà degli Anni Novanta ad oggi, la possibilità di sviluppare il complesso rapporto culturale che gli ha assicurato una posizione solitaria quanto prestigiosa nell’attuale mondo artistico italiano. Si tratta di una ricerca che Serpetti va conducendo sul duplice piano della figurazione e delle tematiche contenutistiche. Una poetica di singolare originalità, profondamente legata al vero ma al tempo stesso ricca di simbolismi, che si concentra soprattutto sull’immagine femminile di cui riesce a rendere, attraverso una profonda capacità di penetrazione, le innumerevoli sfaccettature proprie alle espressioni emotive e gestuali del nostro tempo.
La fantasia dell’artista romano si estende nel tempo alla ricerca di suggestioni che fanno non solo parte del patrimonio mitico dell’umanità ma anche dei fondamentali archetipi di società diverse. Il suo mondo è dominato da un ideale formale di alto impegno che si identifica in alcuni particolari filoni di ricerca, quello simbolico e surrealista e quello dell’universo femminile con tributi che vanno da raffinatezze degne del miglior Ingres alle insinuanti atmosfere nelle quali la donna viene talora angelicata come veicolo dalla terra al cielo e talaltra vista quale “instrumentum diaboli”, capace con le sue grazie di fata Morgana di distrarre l’uomo dalla strada della virtù. Donne-angelo quali sortirono dalla fantasia dell’Alighieri e Dark Ladies preraffaellite. Sempre e comunque belle; belle perché c’è nel profondo di Serpetti l’ammirazione per la perfezione che nella sua opera è dovunque evidente, anche nelle sue vedute indiane, che nella loro perfezione di segno ricordano i francobolli coloniali inglesi, realizzati qui ad altro e maggior livello tecnico-stilistico.
A questo punto, prima di esaminare le sue opere, vien da chiedersi chi sia in realtà Serpetti. Sotto la superficie, è probabilmente un solitario che trova difficoltà a rapportarsi con il nostro tempo, con questa nostra epoca così povera d’intelligenza e di spiritualità e così ricca di banalità, di superficialità e di volgarità. Di qui la fuga, di qui quella vasta mitografia raccontata anzitutto a se stesso. Sono certo che i suoi pensieri siano consentanei a questi versi di Carducci, tratti da “Presso l’urna di Percy Bysshe Shelley”:
Lalage, io so qual sogno ti sorge dal cuore profondo, so quai perduti beni l’occhio tuo vago segue.
L’ora presente è in vano, non fa che percuotere e fugge; sol nel passato è il bello, sol ne la morte è il vero.
Anche qui una donna dal bel nome italico, Lalage, comprende e consola un uomo critico verso il suo tempo come immagino sia anche Serpetti, autore di una straordinaria galleria di personaggi femminili, descritti senza compiacimenti di stile ma colti piuttosto nella loro problematicità. Questa analisi trova conforto anche nell’atteggiamento singolare del pittore, che sembra del tutto estraneo alle ragioni di mercato perché considera le sue opere non manufatti di cui fare mercimonio, ma ognuna un momento della propria intimità. Ci sarebbe da auspicare la nascita di una Fondazione il cui motto dovrebbe essere: Alessio Serpetti vixit et pinxit.
(da Il Profilo di Aldo Maria Pero; “Movimento dell’Arte del XXI secolo”, 2015)
GIORGIO FALOSSI - critico e storico dell’arte
Pur conscio delle sue capacità disegnative Alessio Serpetti affronta un modo nuovo di espressione che unisce il verismo al surreale. Consapevole ed anche capace nell’affrontare la plasticità della forma, la tecnica e la concezione cromatica, consapevole di potersi esprimere con un linguaggio di alto impatto per proclamare la presenza vivificante dello spirito che santifica la tragica condizione umana. Alessio Serpetti mira a dare alla forma la forza di un contenuto e il significato della propria genesi. L’artista dà un ritmo al suo gesto creativo che adorna con segni, fruscii, simboli. La tematica riguarda la figura e l’umanità, chiara la sensibilità dell’autore che aleggia le sue figure portatrici di suggestivi sogni e purificazioni. Ne può nascere una pittura di difficile interpretazione per chi non sa vedere oltre e scoprire grandi messaggi di vita umana sino al misticismo, svolta a sottolineare silenzi, eternità, morte. Figure composte di spirito e passioni esistenziali, così passionali ed intense da non aver bisogno neanche di tanti colori ma di uno scenario di grigi sfumati, di sfondi gialli e di freddi bianchi. Volti e figure femminili che non sanno nascondere la perfezione dei loro lineamenti ma neanche certe preoccupazioni e interrogativi. Possiamo leggere i loro pensieri che sono i pensieri della nostra epoca incerta ed assorta. Una ragione in più per apprezzare la grande capacità di Alessio Serpetti per esprimere stati d’animo tanto precisi e per raccontare in modo delicato ed impalpabile momenti di vita intimi. Ci vuole una grande maturità artistica per parlare della condizione umana impersonata dal corpo femminile senza contaminarla con il solito richiamo sessuale.
(da Analisi critica - Dalla tradizione classica al fascino dell’avanguardia; Il Quadrato, 2013)
Grande disegnatore, ineffabile fabulatore, Alessio Serpetti porta nelle sue composizioni una prevalenza di bianco e nero affidato al serpeggiare del segno che ricama situazioni tratte dalla mitologia e dalla filosofia di Arthur Schopenhauer.
Angeli in chiave di violino sono le sue figure femminili che occupano tutta la poesia dello spazio, statuarie nel declinare dei grigi e dei pallidi e rari colori. L’artista riempie tutti gli spazi alternando messaggi e interrogativi, tratteggiando panneggi sensuali atti a nascondere corpi, volti, anime e zone inesplorate, per cui tutto si spoglia del peso terreno e tutto acquista una beatitudine particolare dove entra la musica dei miti antichi ancora capaci di dare all’osservatore il brivido magico dell’incertezza. Meraviglie ed emozioni tratteggiate con la malizia di chi sa la fatica del vivere insieme a farfalle, specchi ovali, lune crescenti e tanta bellezza che parte dalla dormeuse in seta dorata sino ai seni delle colonne del cielo. Alessio Serpetti ama l’arte celeste e non può che suscitare la nostra ammirazione, ma bisogna andare oltre, ed ecco le bellissime presenze armoniose nelle loro forme, che ci possono far entusiasmare come un ritorno al Rinascimento, mettono anche a nudo la follia di una interiorità, umanamente nascosta, mai sazia di peccare.
(da Dall’Expo di Milano alla Biennale di Venezia 2015 - Binomio artistico e culturale a confronto; Il Quadrato, 2015)
ROSARIO PINTO - critico e storico dell’arte
Alessio Serpetti è artista che sceglie di non arrestare il suo impegno di rappresentazione della consistenza delle cose alle soglie della mera trascrizione pittorica del dato della oggettualità fenomenica, mirando, invece, ad immergersi nelle cose stesse, fino a rivelarne, attraverso la lente dell’arte, le pieghe più intime e nascoste, fino al punto di poter leggere non solo entro, ma, soprattutto, al di là delle cose stesse il racconto di una lunga serie di altri dati della vita e dell’esperienza umana. La trascrizione del vero, insomma, si dilata oltre la facies minuta dell’esistente, facendosi pretesto per una rappresentazione d’un universo parallelo, quello cui dà corpo e sostanza l’immaginazione dell’artista, quando sa proporre alla fruizione del suo spettatore un’opera nella quale s’aggregano rimandi, concetti spaziali e temporali ed allusioni problematiche ed esperienziali e dove non appare indispensabile ed inevitabile far ricorso alla filtratura simbolistica per poter avere una convincente opportunità di accostamento comprensivo.
La figura è elemento centrale nei suoi lavori ed i volti che Serpetti definisce con icastica incisività portano impresse e scritte le narrazioni di vicende umane prossime e lontane di cui l’artista intende proporre un racconto felpatamente surreale. Gli sguardi delle donne sono intensi e lontani, si perdono alle nostre spalle, mentre le mani accarezzano e sfiorano i corpi e le cose alla ricerca di un contatto che, oltre che fisico, appare soprattutto psicologico e morale.
La dimensione teatrale presente nelle sue opere, invece, non va intesa semplicemente come quella della messa in scena, ma come quella del cosiddetto Gran teatro del mondo, ricordando il testo di Calderon de la Barca, in cui il protagonismo della ragione della storia rimane affidato all’azione individuale, alla capacità di ciascuno di saper rendere la propria vita un’assoluta testimonianza di autenticità e di forza espressiva.
Con queste premesse – ed avendo conto di mettere in evidenza la sapienza tecnica di cui si intride una pittura svolta con profondità di consapevolezze “iperfigurative” – la pittura di Alessio Serpetti guadagna una proprietà contenutistica che la libera dalla pania della mera consistenza simbolistica, che si rivela, piuttosto, come una sorta di livello semplificativo e di agevolazione di lettura che non come l’insé logico ed esplicativo d’un progetto di ricerca.
(da Fra Tradizione e Innovazione – Artisti Europei da non dimenticare; Napoli Nostra, 2015)
JOSE’ VAN ROY DALI’ - pittore, scrittore e critico d’arte
Alessio Serpetti traspone nelle sue opere il suo mondo interiore, popolato da archetipi simbolici e caratterizzato da una tavolozza cromatica ben armonizzata. La sua è una creatività composta da narrati che hanno un profondo significato, che deriva da un flusso di pensieri che è frutto di valide elucubrazioni ragionate sul cosmo e sulla natura delle cose. Il suo è un continuo sperimentare nuove frontiere espressive, dove esplicitare la sua suggestione poetica. La scelta delle cromie è chiaramente risultato di una grande esperienza e di una valida conoscenza del disegno che vuole rappresentare sentimenti di respiro universale. Alessio Serpetti stimola l’osservatore alla ricerca dei significati nascosti tra le trame della narrazione visiva, coinvolgendolo e trascinandolo in una dimensione onirica e arcana. Questi lavori invitano a una silenziosa contemplazione, per indagare e interiorizzare i particolari della realtà, cogliendone l’essenza più intima, in un contesto ideale di abbandono, lontano dal ritmo concitato del nostro vivere quotidiano.
(da Artista nella Storia; EA Editore, 2015)
MARIA LUCIA FERRAGUTI - critico, storico dell’arte e giornalista
Più nuclei di opere sono presenti nella mostra di Alessio Serpetti, artista romano segnalato più volte dalla critica per la sua abilità disegnativa, che gli permette di passare dalle immagini scenografiche a quelle oniriche o surreali. Lo guida il desiderio di interpretare opere formanti cicli di architetture indiane ed egizie nella loro complessità, ricca di valori simbolici. Nell’attento disegno trasferisce un’armonia celata, nel continuo svelare dettagli ermetici, particolari in costruzioni maestose, richiamando a percorsi fra statue di divinità monumentali, cariche di storia e di fascino collocate nella vastità dello spazio. Le visioni a carboncino, secondo la griglia prospettica, precisano il risalto delle forme, sulle quali influiscono gli studi di scenografia presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma. Serpetti avvia a temi diversi nelle immagini surreali, dalle più profonde verità a figure femminili in metamorfosi arboree, che trovano unità con figure alate. Coinvolgono l’attenzione vasi, specchi, maschere, coppe e stoffe, in un crescendo dalle ombre intense sino al notturno. Un itinerario insolito per il transito dal passato al contemporaneo, intrapreso come un sogno reso dai continui tratti a carboncino.
(dalla Presentazione della Personale “Atmosfere sospese. Tra Sogno e Realtà”; Vicenza, 2015)
GIORGIO GREGORIO GRASSO - critico e storico dell’arte
IL VIAGGIO NARRATO
Osservando le opere dell’artista Serpetti ci si trova in una dimensione “senza tempo”. Le sue raffigurazioni, come in un viaggio narrato ci riportano in luoghi lontani a volte onirici, in particolar modo nelle opere della serie Suggestioni indiane e Tra le memorie del tempo dove si evince, non solo la raffinatezza della tecnica del Serpetti, utilizzata con maestria e sapienza ma anche la straordinaria capacità di narrazione attraverso la meticolosità dei dettagli.
Mentre nelle altre opere, come in un sogno si ritrova l’unione fra uomo e religione, racconto onirico e senso di verità, il tutto nell’incanto che accompagna alla natura dell’uomo stesso.
In definitiva la ricerca artistica di Serpetti racchiude la capacità di narrare un volto o un luogo oltre che di rappresentarlo, quasi raggiungendo un risultato impossibile, dove l’immaginario diventa un’immagine uguale e diversa dal reale.
(dalla Presentazione della Personale “Il Viaggio narrato. Silenti suggestioni all’ombra del sogno”; Bologna, 2015)
ELENA FOSCHI - critico e storico dell’arte
Con raffinati e sapienti tocchi di grafite e carboncino, l’artista Alessio Serpetti ghermisce lo spettatore in una trama di fluide divagazioni oniriche e misteri insondabili. Surreali paesaggi e mitologici rimandi si intrecciano in un eterno e coinvolgente racconto fatto di sovvertimenti delle logiche temporali e consce allucinazioni.
Le anatomie marmoree e i sensuali profili femminili rimandano alla maestria tecnica che ha reso il canone classico del “Bello” ellenistico un pilastro per l’intera Storia dell’Arte. Nell’opera di Serpetti, l’apogeo estetico e culturale dell’Antica Grecia trova una singolare sintonia con elusive figure allegoriche e magiche visioni che appaiono ispirate dalla nobile epica di tradizione celtica. Inaspettatamente poi, le tonalità dell’enigmatica composizione ci riportano ai giochi di luce di antiche acqueforti di sapore fiammingo.
Il sorprendente risultato compositivo disorienta e ammalia, attrae e sfugge allo stesso tempo, lasciando lo spettatore in un contrastante approccio interpretativo. Serpetti privilegia quindi la metafora, l’allusione, la citazione colta, liberando una passione struggente per i remoti splendori di un passato che oggi non va dimenticato, ma anzi contemplato e compreso. Universali sono i valori che nell’immediato il fruitore coglie, rapito dalle anime antiche che vanno in scena tra i favolistici bagliori lunari e le desolate vedute così simili a certe rovine piranesiane.
Gli sfumati contorni e i morbidi contrasti dell’abile carboncino completano quell’aura di “mondo subconscio” che tanto ci affascina nelle criptiche storie narrate da Alessio Serpetti. La riscoperta dell’arcaico nasce quindi dalla necessità di armonizzare le glorie passate e stimoli contemporanei, in una rivalutazione estetica che infonde uno spirito moderno ad una composizione colma di erudita iconografia accademica.
(dal Chianciano Expo 2016: The Contemporary Art and the Medieval Setting; I.C.A.C., 2016)
FLAVIO DE GREGORIO - critico e storico dell’arte
Nella liricità espressiva dei volti, nella condizione svolta dalla struttura comunicativa delle figure sempre libere da ideologiche e comuni risposte, l’opera del pittore Alessio Serpetti svolge un ruolo essenziale nel contesto storico, iconologico della sognante realtà, vista dall’artista come una dimensione più vera e visibile dalla moltitudine strutturale dei sillogismi silenti, consoni a rappresentarne i tratti e le sezioni in ombra della struttura stessa, in un contenuto onirico ricco di suggestive impostazioni grafiche. Da tale essenza illusiva, nell’adorno concetto espressivo che palesa le frammentate definizioni oggettive, l’opera grafica realizzata da Alessio Serpetti, sistematicamente assolve la reazione dinamica dei fatti cui sono presenti i logici assensi definitivi della persona.
(da La Critica nell’Arte del XXI Secolo; “Accademia S. Sara” di Alessandria, 2011)
GIANLUIGI GUARNERI - critico e storico dell’arte
Nell’opera Oltre gli spazi esistenziali di Alessio Serpetti, in un enigmatico paesaggio, dove la realtà assume una doppia valenza, appaiono due mondi di per sé estranei ma collegati da un continuum figurativo tramite un disorientamento spaziale e prospettico. Una triste fanciulla si dirama tra nubi corrusche, testimone di una ambientazione scenica costruita tra i rami di una improbabile foresta pietrificata.
(da Dal Surreale al Sensibile Informale; Immaginaria Editrice, 2012)
CATERINA RANDAZZO - critico e storico dell’arte
L’INVISIBILE VERITA’ DI ALESSIO SERPETTI
Le opere di Alessio Serpetti affondano le loro radici in quella realtà interiore, chiamata automatismo psichico che in arte trovò la sua piena espressione nella corrente del Surrealismo. Legata a certi temi finora trascurati, come l’idea del sogno, del pensiero libero e dissociato dal costrutto logico, l’arte del Maestro, fatta com’è di simboli, allusioni, riflessi di filosofie ritrovate nei meandri culturali della sua psiche, frantuma i meccanismi psichici basati sul razionale pensiero e sostituisce ad esso una visione irreale del mondo. Soggetto delle sue opere sono le sfere incorporali dell’umana esistenza, il concetto di anima, di tempo, della metamorfosi naturale e del rifiuto della stessa. Nell’opera Il Silenzio dell’anima, quest’ultima è rinchiusa dentro una statua di pietra e da questa statua sembra voler uscire per affrancare se stessa dalle costrizioni terrene. L’identità profonda celata dalla pietra, rimane prigioniera per un tempo immemorabile. Immutabile, esso, non accenna a cambiare. Ricche di simbolismi, le opere del Serpetti ricercano verità altre del dato oggettivo. Uno specchio, simbolo di vanità, giunge dal mito classico di Narciso al concetto moderno della conoscenza di se stessi. Lo specchio rappresenta l’ambiguità, tale simbolo, più di ogni altro, esprime una visione spirituale, la contemplatio, poiché attraverso di esso si trova concretizzato l’avvicinamento del soggetto e dell’oggetto. Davanti allo specchio, un volto di ragazza, la vera identità che può essere vista solo grazie alla luce della candela e la corazza di pietra in cui è stata rinchiusa sembra dissolversi. Un altro simbolo, talvolta ambiguo, è quello della maschera, che qui, a differenza dell’opera In attesa della metamorfosi, non è simbolo di inganno, falsità o nascondimento, ma riflesso di un’invisibile verità.
(da Effetto Arte - luglio/agosto 2011; Centro Diffusione Arte Editore)
CINZIA FOLCARELLI - critico d’arte
Visioni oniriche e surreali, realizzate con le tecniche classiche del carboncino, pastello e olio, caratterizzano le opere di Alessio Serpetti. Boschi misteriosi, castelli inquietanti, composite di figure, fiori e foglie, o specchi che riflettono l’interiorità sono protagonisti nei suoi lavori, memori del Surrealismo e della Metafisica. Serpetti raffigura la realtà arricchendola e connotandola di valenze simboliche. Attento all’aspetto scenografico delle composizioni e al dettaglio, ci trasporta con le sue opere in mondi lontani nel tempo e nello spazio, lirici, suggestivi ed affascinanti.
(dal Catalogo della mostra La Creatività dal mondo; Bruges 2011)
ANNY BALDISSERA - critico d’arte
Con Alessio Serpetti il termine “figurazione”, oltre ad essere rappresentativo di raffigurazioni fortemente legate al “vero”, si carica di connotazioni superiori, molto vicine alle suggestioni intimistiche-concettuali, a vantaggio di una poetica caratterizzata proprio da una grande capacità introspettiva dei soggetti trattati. Una poetica sensibilmente lirica quella con cui incide il segno ed esprime l’immagine, ricca di intuizioni, sobria nelle campiture formali, dal sapore antico e al tempo stesso aggiornata nella quotidianità da cui l’artista sa cogliere sensazioni profonde che ne qualificano la ricerca grafica.
Ogni sua immagine è viva e talmente speculare alla realtà nell’esecuzione, da confondersi in essa. E’ l’eterna illusione di una perfetta identificazione, nella completezza del segno e del colore, tutto a vantaggio di un contesto fantasioso ed emotivamente solido. L’autore, avvalendosi non solo di un’infinita abilità tecnica ma anche di una profonda capacità di analisi interiore, stratifica una precisa sintassi formale che si qualifica e si definisce proprio nelle tonalità calde e suadenti dei suoi volti, sorprendenti risultati emotivi di un poetico discorrere.
(dalla Presentazione della Personale nell’ambito della mostra Simboli, Segni e Sogni; Roma 2010)
Alessio Serpetti opera in un contesto creativo qualitativamente di eccezione. Le sue opere, nate da una costante ricerca, dalla sintesi delle intuizioni, da un programmato esercizio su scelte intellettualmente determinanti, parlano nel silenzio e comunicano le infinite sfaccettature di una complessa concettualità, in continuo divenire.
(dalla Presentazione della mostra per il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia; Firenze 2011)
ISABELLA SERAFINI - storico dell’arte
Una creatività ascetica, che nasce dal coraggioso rifiuto del colore come immediato veicolo di emotività, caratterizza l’opera di Alessio Serpetti. Il solo chiaroscuro, infatti, viene declinato nelle più varie modalità: per evocare paesaggi incantati e, talvolta, quasi metamorfici, ma anche per offrirci, attraverso una virginea presenza femminile, riflessioni malinconiche sulla bellezza e la caducità della vita.
CARLO MARCANTONIO (1923 - 2003) - pittore, incisore e critico d’arte
Le opere di Alessio Serpetti rivelano una ricerca figurativa del tutto personale volta con intensità e passione alla resa dei valori luministici, dei passaggi chiaroscurali che plasmano e cesellano minuziosamente il dettaglio, indagati con rara sensibilità grafica e suggestivo lirismo in chiave simbolica ed espressiva.
EDELWEISS MOLINA - docente dell’Accademia delle Belle Arti di Roma
La ricerca simbolica e poetica che emerge dagli elaborati grafico-pittorici di Alessio Serpetti conferma lo spirito di sensibile attenzione che contraddistingue la sua produzione. Il segno qui assume funzione di tessitura cromatica, segno evanescente e insieme persistente. I volti femminili rappresentati ci appaiono atteggiati in un linguaggio mimico che appartiene e corrisponde alla realtà dei nostri giorni o di quella che può appartenere al mondo personale di ognuno (v. L’Illusione).
Così scopriamo un alternarsi di pose e atteggiamenti, predisposti ad un silenzio eloquente. L’eloquenza che suggerisce uno sguardo attonito (v. Stupore), o un’espressione serafica…di una giovane rappresentata nella sua candida gestualità come si esprime ne L’Innocenza.
Ne L’Inganno, il volto, la maschera, il gesto, diventano contributi simbolici per una rappresentazione che sembra voler narrare qualcosa o suggerire al fruitore di scoprire l’arcano nascosto… Raffigurazioni che nascondono melodie, frasi non dette, allusioni che vengono a volte confermate da chi guarda, a volte dal tema che l’artista segnala.
Così questa galleria di ritratti femminili e di paesaggi (Giochi di luce nel bosco; Idillio autunnale) diventa dimensione onirica, ludica, poetica, adeguandosi alle attese emozionali di chi si ferma ad osservare.
CLAUDIO LUGI - docente e critico
Guido Gozzano compì il suo viaggio in India nel 1912, specialmente per motivi di salute, e al ritorno in Italia la sua poesia risultò arricchita da quell’esperienza durata all’incirca tre mesi e narrata in Verso la cuna del mondo. Anche Pasolini e Moravia, Manganelli e Tabucchi soggiornarono nel continente indiano per periodi più o meno lunghi, e seppur con interessi del tutto differenti, riportandone impressioni e stimoli finiti nelle pagine dei loro rispettivi reportage, tutti pubblicati in volume.
Le Suggestioni Indiane di Alessio Serpetti vanno oltre la diffusa aspirazione giovanile – e non solo – all’altrove esotico. La felice commistione tra l’arte moghul e quella indù in questa coppia di vedute evoca antiche atmosfere coloniali, ulteriormente ribadite in Idillio autunnale, laddove lo scenario naturale e la vegetazione collocano l’architettura raffigurata piuttosto in un’ambientazione europea, e in una rappresentazione più sobria rispetto alle precedenti.
Serpetti l’India non l’ha mai vista, tuttavia in lui agisce il fascino di un’iconografia nutrita dai miti, dalla letteratura e dal cinema. Una notte a Bengali, film di produzione francese del 1988, ambientato a Calcutta, ha fornito diversi spunti d’ispirazione all’artista romano, com’egli stesso ha dichiarato in una recente intervista. Rimanendo nell’ambito della memoria mitologica va apprezzata oltremodo la tavola che rende omaggio alla prima parigina dell’Aida, e intitolata Tra le memorie del tempo, una scenografia di forte impatto visivo e grande drammaticità esaltata dalle sfumature in bianco e nero, e dalla precisione del tratto.
Alessio Serpetti non è un autore commerciale, non lo sarà mai, perché il suo scrupolo compositivo e la grafica raffinata, la sua attenzione ai particolari e il gusto dell’ornamento gli impongono il rispetto dei tempi necessari della realizzazione, come un artigiano di un tempo, ostinato e pignolo tanto nella progettazione quanto nel lavoro. In ciò interviene anche la sua formazione scolastica e accademica, soprattutto gli studi di scenografia effettuati presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Il gusto della decorazione classicista, non privo di echi dechirichiani (si veda Contemplazione), il tema delle metamorfosi e del doppio, accennato dalla frequente presenza di maschere, il continuo ricorso alla simbologia, spesso affidata a sibilline figure femminili, finisce per accordarsi con alcuni topoi romantici (Giochi di luce nel bosco, Nelle segrete del castello, Verso il dominio celeste), come il mistero delle selve, degli antri e delle montagne, che paiono attendere rare presenze, e sovente arcane solitudini.
Una ricerca, quella di Serpetti, maturata anche in seno al movimento arcaista, che si basa sul confronto con la storia, esplicata nelle forme di una lunga riflessione in b/n: lo sguardo dell’uomo contemporaneo si posa sulle antiche vestigia del passato cercando un senso al mondo attuale privo di eroi, cercando l’armonia perduta nel caos del vivere quotidiano.
(dalla Presentazione della Personale “Liriche Suggestioni”; Monte Compatri, 2010)
Giulia Ballerini
Elena Gollini
Paolo Levi
Isabella Cairoli
Daniele Radini Tedeschi
Alberto D'Atanasio
Roberta Filippi
Giorgio Di Genova
Aldo Maria Pero
Giorgio Falossi
Rosario Pinto
Josè Van Roy Dalì
Maria Lucia Ferraguti
Giorgio Gregorio Grasso
Elena Foschi
Flavio De Gregorio
Gianluigi Guarneri
Caterina Randazzo
Cinzia Folcarelli
Anny Baldissera
Isabella Serafini
Carlo Marcantonio
Edelweiss Molina
Claudio Lugi